mercoledì 18 aprile 2012

MITOLOGIA

-MITOLOGIA GRECA-
Mnemosine (in greco Μνημοσύνη, Mnemosùne) è una figura della mitologia greca, la personificazione della memoria. Figlia di Urano (il Cielo) e Gea (la Terra) è una delle titanidi, e perciò sorella di Rea, Temi, Febe, Dione, Teti e Teia, e dei Titani.
Mnemosine fu amata da Zeus, il quale le si presentò sotto forma di pastore. Giacquero insieme per nove notti sui monti della Pieria e dopo un anno, Mnemosine partorì nove figlie: le Muse. Pausania riferisce che, originariamente, le figlie fossero tre, ossia Melete, la Pratica, Mneme, il Ricordo, e Aoide, il Canto.
Diodoro Siculo racconta poi che Mnemosine aveva scoperto il potere della memoria e che aveva assegnato i nomi a molti oggetti e cose astratte che servivano a intendersi durante la conversazione[1]. Inoltre, a questa dea era attribuito il potere di far ricordare (da cui deriva il suo nome).
Secondo Pausania, in Beozia si trovava l'antro di Trofonio, uno degli accessi agli Inferi, dove, per entrare era necessario prima bere da due fontane. La prima, intitolata a Lete (la dimenticanza), faceva scordare le cose passate. L'altra, intitolata a Mnemosine, consentiva di ricordare ciò che si sarebbe visto nell'aldilà.
-MITOLOGIA NORDICA-Sigrdrífumál
Nell’introduzione di questo poema, l’eroe Sigfrido si reca fino a Hindarfell e da lì prosegue a sud verso la terra dei Franchi. Giunto su una montagna, Sigfrido vide una grande luce, come se un fuoco stesse bruciando verso il cielo. Sigfrido si avvicinò e vide un guerriero addormentato, gli levò l’elmo e scoprì che esso era una donna. La corazza della donna era talmente stretta che sembrava fosse cresciuta assieme al suo corpo. Sigfrido usò la sua spada Gram per tagliare la corazza, a partire dal collo verso il basso e le maniche e riuscendo a sfilarle il corsetto. La donna si svegliò e iniziò a parlare con Sigfrido dicendogli che Odino con un incantesimo l’aveva fatta addormentare e lei non era riuscita a romperlo. Sigfrido le chiese di dirgli il suo nome ed essa diede a Sigfrido un corno di idromele per aiutarlo a memorizzare quello che stava per dirgli. La donna recitò una preghiera pagana in due strofe e disse di chiamarsi Sigrdrífa e di essere una valchiria.

Sigrdrífa raccontò a Sigfrido che vi erano due re in lotta fra loro e Odino aveva promesso ad uno di questi, Hjalmgunnar, la vittoria. Però, in battaglia lei aveva fatto perdere Hjalmgunnar e Odino l’aveva quindi colpita con l’incantesimo e le aveva detto che non avrebbe più combattuto vittoriosamente, condannandola poi a sposarsi. In risposta, Sigrdrífa disse ad Odino di essersi impegnata nel giuramento che non avrebbe mai sposato un uomo che conosceva la paura. Sigfrido chiese poi alla valchiria di condividere con lui tutta la sua conoscenza e saggezza.

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